Rwanda:Kagame e il terzo mandato, perché no? Intervista a Francoise Kankindi, Presidente dell’associazione Bene Rwanda

ottobre 7th, 2015

Kampala – Dal marzo 2015 in Rwanda si è innescato una originale procedura per assicurare al Presidente in carica, Paul Kagame, un terzo mandato. Una petizione popolare, forte di 3,6 milioni di firme, è stata avanzata dal partito al Governo, il Rwandan Patriotic Front, il 21 giugno 2015. La petizione chiedeva l’abrogazione dell’articolo 101 della Costituzione che limita la presidenza a due soli mandati.

Agli inizi di maggio il principale partito di opposizione, il Partito Verde Democratico del Rwanda (PVDR) sottopose alla Corte Suprema un ricorso affermando che l’articolo 193 della Costituzione non permette che il numero dei mandati presidenziali possano essere cambiati. In una intervista rilasciata a Ludovica Iaccino de ‘International Business Times‘ il 17 giugno 2015 Franck Habineza, fondatore e Presidente del Partito dei Verdi, dichiarò che alterare la Costituzione non solo rischiava di compromettere il processo democratico sorto dopo la liberazione del Paese nel 1994, ma anche il pacifico trasferimento di potere.

Il PVDR è stato fondato nel agosto 2009 ottenendo, un anno dopo, il suo riconoscimento politico. Un riconoscimento tardivo che impedì al partito e a Habineza di partecipare alle elezioni presidenziali del agosto 2010. Il partito è strettamente legato al rispetto democratico e non ha nulla a che vedere con l’opposizione armata portata avanti dal gruppo terroristico Forze Democratiche per la Liberazione del Rwanda, esecutore materiale del genocidio nel 1994. La Corte Suprema non ha ritenuto valido il ricorso e la petizione è stata accolta dal Parlamento lo scorso luglio. Ora sarà sottoposta a referendum popolare, nel corso del quale si chiederà ai cittadini se vogliono o meno abrogare l’articolo 101 della Costituzione.

Paul Kagame si è dichiarato estraneo alla petizione, come dichiarato nel corso di una intervista rilasciata al mensile ugandese ‘The Insider‘ il 2 aprile 2015.

Il referendum è fortemente contrastato dagli Stati Uniti, che lo scorso 5 settembre hanno avvertito il Presidente Kagame circa la possibilità che il terzo mandato determini instabilità nel Paese. Di parere contrario ex Primo Ministro inglese Tony Blair, che è uno dei consiglieri del Presidente ruandese. Alcuni detrattori hanno accusato Paul Kagame di essersi messo alla stregua dei dittatori africani che calpestano la democrazia e i loro popoli per sete di potere, tra i quali Joseph Kabila (Congo Kinshasa), Denis Nguesso (Congo-Brazzaville), Pierre Nkurunziza (Burundi). Il Governo di Kigali risponde che il processo di revisione costituzionale in atto è nel pieno rispetto delle regole democratiche e della volontà popolare, mentre Paul Kagame non si esprime se si candiderà alle elezioni del 2017 nel caso il fronte del ‘Si’ vincesse il referendum.

Abbiamo chiesto a Francoise Kankindi, Presidente della associazione Bene Rwanda, di spiegarci la situazione reale del suo Paese. Kakindi è figlia dei pogrom contro i tutsi del 1959.  Nata già profuga in Burundi, dove il padre si era rifugiato per scampare ai massacri, lì compie gli studi elementari e superiori. Come straniera non ha diritto di cittadinanza. Nel 1992 si trasferisce in Italia per iniziare l’università. Nel 1994 segue da Milano il genocidio, mentre la famiglia della madre e i fratelli del padre vengono tutti sterminati. Si laurea all’Università Cattolica di Milano in Economia e Commercio, lavora alla SAP Italia come consulente poi si trasferisce a Roma per lavorare come funzionario alle Poste Italiane. Si sposa e con i suoi amici ruandesi fonda l’associazione Bene Rwanda Onlus di cui presiede dal 2006.

Paul Kagame fino ad ora è stato considerato un outsider della politica africana. Un esempio da replicare di buon Governo dove il leader è ossessionato dal benessere della sua popolazione e non dal mantenere il potere a tutto i costi. Ora questa storia del terzo mandato… Si dice che è la volontà popolare espressa tramite una petizione che ha raccolto oltre tre milioni di firme. Ci può spiegare cosa è realmente successo?

Il Presidente Paul Kagame ha rotto gli schemi abituali dei presidenti africani che vede questi ultimi sottomessi agli ordini della Francia o di qualche altra potenza occidentale. Il modo in cui è arrivato al potere è emblematico. Ha vinto una guerra quasi impossibile scacciando dal Rwanda il regime genocidario di Juvenal Habyrimana e i loro alleati francesi. Ha dovuto ricostruire il paese dalle macerie del genocidio di un milione di tutsi e hutu moderati contando su se stesso e su una popolazione completamente devastata e infranta.  Nel ricostruire il tessuto sociale, politico ed economico ha proposto delle soluzioni “home made” tipo gli Agacaca (i tribunali tradizionali rwandesi per la riconciliazione nazione), il Umuganda (i lavori collettivi che vedono tutti i rwandesi impegnati nei lavori sociali quali: pulire le strade, ricostruire scuole, aiutare le vedove), il Agaciro (una filosofia di vita basata su dignità e onestà) il Imihigo (la cultura del raggiungere gli obbiettivi) e il Ndi umunyarwanda (sono rwandese) la ricostruzione del senso di identità nazionale che ha cancellato le divisione “etniche” create dal colonialismo belga tra hutu, tutsi e twa (i pigmei)  che sono state le basi per l’Olocausto del 1994. La trasformazione sociale politica ed economica del Nuovo Rwanda ha portato dei risultati straordinari cossichè il popolo ruandese si è reso conto di aver un presidente fuori dal comune che persegue senza tregu a il benessere dei rwandesi. È stata sconfitta la piaga della corruzione. Sanità e scuola pubblica sono accessibili a tutti. Sono stati rimossi gli ostacoli culturali e i pregiudizi che impedivano alle donne di accedere ai vertici della società nei campi politico ed economico. Il Rwanda ha tassi di partecipazione femminile nel mondo politico maggiori di quelli dei Paesi del Nord Europa. La condizioni femminile anche nelle campagne è tra le migliori al mondo e la scolarizzazione delle ragazze totale. Oggi il Rwanda è uno dei pochi Paesi del cosiddetto ‘terzo mondo’ che hanno raggiunto quasi tutti gli obiettivi di sviluppo del Millenium Goal fissati dalle Nazioni Uniti. Dal 2001 ha un tasso di crescita del 8,01%. Un milione di persone sono state tirare fuori  dalla povertà assoluta e le diseguaglianze sociali non sono troppo accentuate come in altri paesi africani, asiatici ed europei. Non sorprende quindi che 3 milioni di cittadini abbiano richiesto al parlamento, tramite petizioni e raccolta di firme, di rimuovere l’ostacolo costituzionale al suo terzo mandato modificando tramite referendum la carta costituzionale che ne ammette soltanto due.

Eppure l’opposizione sostiene che la petizione non sia stata del tutto genuina. Varie persone sarebbero state intimidite al fine di porre la loro firma. Altre non esisterebbero nemmeno. Insomma uno stratagemma per modificare la Costituzione e permettere a Kagame di accedere ad un terzo mandato. Parlo dell’opposizione genuina, quella nel paese che si sottopone alla regole democratiche, come il Partito dei Verdi, non dei nostalgici del regime razial nazista scappati e protetti in Occidente. Queste accuse sono fondate?

Sono affermazioni prive di fondamenta senza alcuna prova a sostegno. Questa storia dell’intimidazione non è più credibile dopo che una ricerca condotta dall’Università Havard sul rispetto delle regole d’integrità delle elezioni nei vari Paesi del mondo ha visto il Rwanda piazzarsi al 15°posto prima dell’Italia (20°) e Stati uniti (27). Quindi sarebbe opportuno che l’Occidente la smettesse si dare lezioni di democrazia a desta e manca visto che per anni ha sostenuto i grandi dittatori in Africa che pensavano al far il bene del loro padrone neo-coloniale che della loro popolazione. Per quanto riguarda invece l’opposizione rwandese, è comprensibile che tema la ricandidatura di Kagame sapendo la sua statura morale e primato incontestato, comunque la stessa opposizione è presente in Parlamento dove potrà far valere le sue ragioni, persino ha ampi margini per controllare la correttezza dello svolgimento del referendum popolare, dove nel segreto delle urne sarà davvero molto difficile costringere la gente a firmare il referendum e tanto meno a rivoltare Kagame se tale non sarà la loro piena volontà.

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