Bene-Rwanda

gennaio 31st, 2007

Bene-Rwanda, che in lingua Kinyarwanda significa “figli del Rwanda”, è un’associazione no profit fondata e diretta da cittadini rwandesi che risiedono e lavorano da anni in Italia; questa caratteristica rende l’attività della Onlus del tutto originale e garantisce una piena credibilità nell’approccio agli argomenti che deriva dalla conoscenza diretta dei problemi e della storia del paese africano.

I principali obiettivi della Onlus sono quelli di conservare e valorizzare la memoria del genocidio del 1994 e di promuovere gli strumenti per riconoscere la “cultura del genocidio” nella sua genesi. Di conseguenza le attività dell’associazione sono basate sulla valorizzazione di aspetti culturali e umanitari: la divulgazione di un’informazione aggiornata e di qualità sugli avvenimenti del passato e del presente rwandese e la difesa dei diritti umani rappresentano i principali strumenti di cui intende avvalersi il gruppo di lavoro Bene-Rwanda.

La nostra filosofia si basa sulla convinzione che la condanna dei “colpevoli” non sia l’unico modo per ottenere giustizia; il nostro impegno è quello di portare sul banco degli imputati la genesi di un sistema capace di produrre un milione di morti in soli tre mesi. Attraverso lo studio e l’analisi di quella “cultura del genocidio”, che maturò in Rwanda attraverso molti anni, intendiamo riconoscere all’uomo le sue capacità critiche e dotarlo degli strumenti per riconoscere i segnali premonitori di imminenti tragedie umanitarie.

Date queste premesse la Onlus intende sviluppare le proprie attività nei maggiori luoghi istituzionali, nelle università e nelle scuole; la collaborazione con figure di alto profilo politico e culturale nel panorama dell’impegno internazionale a favore dell’Africa rappresenta un valore aggiunto su cui l’associazione può contare. La Onlus Bene-Rwanda è impegnata a far sentire la sua voce in tutti i più significativi contesti in cui si parli di Africa, di politica internazionale, di eredità post-coloniale e difesa dei diritti umani.

LA STORIA
Nell’estate del 1994, mentre l’attenzione mediatica internazionale era concentrata sui mondiali di calcio negli Stati Uniti, in Rwanda si consumava una delle più grandi tragedie della storia moderna: nel giro di tre mesi, tra il 6 aprile e il 19 luglio 1994, un milione di cittadini appartenenti all’etnia minoritaria Tutsi veniva trucidata dagli estremisti Interahamwe appartenenti alla maggioranza Hutu. Un omicidio ogni dieci secondi avveniva sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale che ignorò le invocazioni d’aiuto del Generale Romeo Dallaire, comandante della missione di pace dell’Onu. La maggior parte degli organi d’informazione preferì riferire di un semplice “scontro tribale tra selvaggi”. Ma la realtà era un’altra, intricata e profonda, e aveva a che vedere principalmente con la complessità dell’eredità post-coloniale.
Il ‘94 rwandese non ha rappresentato che la logica conclusione di un lungo percorso che non poteva non condurre, considerate le premesse, ad una catastrofe politica ed umanitaria. Già nel 1959, nel ‘63, nel ’73, nel ’90 e nel ’92 la popolazione Tutsi era stata vittima di persecuzioni e massacri organizzati da regimi che forzarono successivamente una gran parte della popolazione all’esilio. L’evidente mancanza di un’attenzione internazionale ha giustificato la totale disinibizione dei leader Hutu che hanno potuto perseguire i loro piani di sterminio, vere e proprie prove generali di una catastrofe annunciata.
E’ per riconoscere tali premesse e per mettere in guardia l’opinione pubblica internazionale sul possibile ripetersi di simili episodi che l’associazione Bene-Rwanda intende opporsi sistematicamente alla “cultura del genocidio” nella convinzione che i drammatici eventi rwandesi non possano essere definiti né frutto di un incidente né tanto meno possano essere considerati imprevedibili. Al contrario il recupero metodico della memoria del genocidio del ‘94 chiarirà tutte quelle condizioni storiche che hanno portato ad un epilogo tragico e rappresenterà un avvertimento per le presenti e future generazioni. Indagare le cause scatenanti di una sanguinosa guerra civile, i sistemi di occultamento, il ruolo dei media e delle organizzazioni internazionali governative e non, servirà a comprendere, attraverso il caso del Rwanda, la genesi di un meccanismo che rischia di ripetersi nel continente africano e nel mondo.
Il genocidio dei Tutsi rwandesi costituisce un evento di primaria rilevanza nel panorama storico del Novecento. Purtroppo però, il silenzio, l’abbandono dei sopravvissuti e persino il negazionismo continuano tuttora. La dimenticanza e la cancellazione degli eventi sono il primo passo verso il formarsi dell’incoscienza civile che pone a rischio le generazioni future di ogni società.
Nel ‘94 i segnali precursori erano evidenti a tutti coloro che avevano avuto l’opportunità di conoscere e studiare la genesi di una “cultura del genocidio” nella storia. Il processo di disumanizzazione del nemico è il primo sintomo di una tragedia a venire: i “topi ebrei” di allora [A. Spiegelman] erano divenuti gli “scarafaggi Tutsi” (inyenzi in kinyarwanda, la lingua rwandese). L’urgenza e l’attualità dell’approfondimento di un dibattito sulla “cultura del genocidio” da un punto di vista storico e culturale è dimostrata dai crudeli fatti che continuano a insanguinare l’Africa in questo stesso momento.
Per contrastare la formazione e il radicamento di qualsiasi “cultura del genocidio”, l’associazione Bene-Rwanda si propone di fondare un centro della memoria, Centro Memoria 1994, ove raccogliere tutti i documenti più importanti sulla tragedia dei Tutsi rwandesi, lavorare sulla traduzione delle pubblicazioni pertinenti ed infine promuovere iniziative culturali, dibattiti e workshop. L’obiettivo del presente progetto e della Onlus Bene-Rwanda che lo promuove è quello di mettere a disposizione gli strumenti per riconoscere la “cultura del genocidio” nella sua genesi. Il nostro scopo non è dunque la semplice condanna dell’uomo ma la messa in stato di accusa di un intero sistema capace di produrre, nell’arco di circa 100 giorni, una delle più grandi stragi della storia dell’umanità. Isolare e studiare questo sistema è da considerarsi un aspetto prioritario del progetto nella convinzione che tale operazione possa servire a non dimenticare la tragedia del Rwanda e a permettere di riconoscere i segnali premonitori di imminenti catastrofi umanitarie a livello planetario.

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