Il 27 luglio 2024 nascerà ufficialmente il Giardino dei Giusti del Ruanda, il primo nell’Africa sub-sahariana. Alla sua inaugurazione parteciperà anche Alice Wairimu Nderitu, Consigliere Speciale delle Nazioni unite per la prevenzione dei genocidi, e i famigliari e i rappresentanti dei Giusti onorati.
Totem Giardino dei Giusti in Rwanda a kamonyi
Il Giardino sarà la memoria viva di quelle donne e quegli uomini che hanno messo a rischio la propria vita per salvare persone durante il genocidio del 1994, esattamente trent’anni fa, proteggendo persone tutsi e hutu moderati dalle violenze perpetrate da criminali appartenenti alla maggioranza hutu. Questi individui, spesso a grande rischio personale, hanno nascosto persone nelle loro case, fornito rifugio e aiuti, e talvolta negoziato con i perpetratori per la vita dei perseguitati.
Il progetto del Giardino dei Giusti in Ruanda è frutto dell’incontro tra la Fondazione Gariwo, Bene Rwanda Onlus e il partner locale SEVOTA (Solidarity for the Development of Widows and Orphans to Promote Self-Sufficiency and Livelihoods).
L’idea della creazione del Giardino ha radici lontane, che risalgono ai primi anni di attività di Fondazione Gariwo, ma che ha preso vita dall’incontro di Gabriele Nissin, presidente di GAriwo con Francoise Kankindi, presidentessa di Bene-Rwanda, e Godelieve Mukasarasi, onorata come Giusta al Giardino di tutto il mondo di Milano nel 2022.
Fondatrice di SEVOTA, Godelieve Mukasarasi è una delle 500 mila donne ruandesi vittima di uno stupro di guerra. Nonostante le minacce l’uccisione di sua figlia e di suo marito, scelse di testimoniare nel processo Akayesu, contribuendo alla prima condanna al mondo per genocidio. SEVOTA riunisce 80 associazioni con oltre 2000 membri e promuove la riconciliazione tra hutu e tutsi. Tra le iniziative in cui è maggiormente impegnata c’è l’assistenza medica per le sopravvissute alla violenza sessuale durante il genocidio.
La scelta di unire attività incentrate sull’educazione alla memoria e le attività quotidiane dI SEVOTA a favore delle vedove, donne stuprate e orfani, crea una stretta connessione tra le storie di coraggio e di rispetto della dignità umana dei Giusti e la forza delle testimonianze delle donne di SEVOTA che durante il processo di Arusha hanno contribuito alle condanne per stupro, considerato una componente della prima condanna per genocidio. Inoltre, la creazione di un Giardino dei Giusti con sede a Sevota riconosce il ruolo fondamentale delle donne ruandesi nell’opera di riconciliazione e costruzione della pace dopo aver testimoniato presso le corti penali internazionali.
Il simbolo del Giardino dei Giusti dell’Umanità di Kamonyi sarà l’”albero rosso” umurinzi, una pianta al centro della cultura ruandese il cui nome significa guardiano della vita.
I primi Giusti onorati al Giardino saranno:
Raphael Lemkin. Ebreo polacco, ideatore della definizione di genocidio, ha ricordato al mondo che la prevenzione di tali crimini è responsabilità dell’umanità intera. Ha dedicato tutti i suoi sforzi, contattando personalmente i leader mondiali nelle loro lingue, all’approvazione di una convenzione contro il reato internazionale di genocidio, da lui redatta e approvata il 9 dicembre 1948 dall’Onu.
Pierantonio Costa. Imprenditore e console onorario d’Italia in Ruanda, nel 1994 salvò quasi 2.000 persone (di cui 375 bambini) durante il genocidio dei tutsi in Ruanda. Creò false liste di persone “sotto la protezione del Governo italiano” e spese tutto il denaro a disposizione per mettere in salvo chi era in pericolo.
Maria Urayeneza. Durante il genocidio dei tutsi, Maria e il marito Silas Habiyambere, parenti del prefetto di Cyangugu, rischiarono la vita per proteggere e salvare molti tutsi, nascondendoli nella loro casa e nei pressi della struttura. Maria inoltre intraprese viaggi pericolosi per accompagnar i fuggitivi, mentre Silas negoziava con i persecutori per liberare le vittime. Tra i sopravvissuti grazie a Maria e Silas c’è lo scrittore e insegnante Jean Paul Habimana.La cerimonia
Il Giardino dei Giusti dell’Umanità a Kamonyi, primo in Ruanda, sarà inaugurato sabato 27 luglio. La cerimonia inizierà alle ore 16 con il discorso di Godelieve Mukasarasi, fondatrice e presidentessa di SEVOTA.
La cerimonia si svolgerà alla presenza delle istituzionali locali e con la partecipazione speciale del Consigliere Speciale ONU per la prevenzione dei genocidi Alice Wairimu Nderitu, in rappresentanza del giurista Raphael Lemkin che ha coniato la parola genocidio.
Parteciperanno i familiari di Pierantonio Costa e la Giusta onorata Maria Urayaneza. Sarà presente anche Jean Paul Habimana, scrittore, insegnante e sopravvissuto al genocidio proprio grazie al coraggio di Maria e della sua famiglia.
La Fondazione Gariwo sarà rappresentata da Benedetta Macripò mentre Francoise Kankindi parteciperà per Bene Rwanda.
Le attività di educazione alla pace legate alla creazione del Giardino dei Giusti si svolgeranno con la collaborazione delle istituzioni nazionali come il Ministero dell’Unità Nazionale e Civic Engagement (MINUBUMWE) e collaborazioni con altri partner come AEGIS Trust Ruanda, per prevenire una cultura di odio.
In occasione del Trentennale del Genocidio dei Tutsi e degli Hutu moderati in Rwanda, Bene Rwanda Onlus, con il supporto di CGIL e la moderazione di Marco Trovato, Direttore editoriale della rivista Africa, ha organizzato il 12 aprile scorso un evento aperto a tutti gli Istituti Superiori di Roma, in cui sono stati ricordati i tragici avvenimenti di quei circa cento giorni del 1994, dal 7 aprile, in cui furono uccisi un milione di cittadini rwandesi tutsi e hutu moderati.
In apertura i saluti e la presentazione del Segretario della Fillea CGIL Roma e Lazio, Ermira Behri cui sono seguite le testimonianze degli ospiti. Françoise Kankindi, Presidente di Bene Rwanda Onlus, ha ricordato e spiegato gli eventi storici che dal 1959 hanno creato le condizioni per il genocidio del 1994 e la sua storia di rwandese nata in Burundi e immigrata in Italia, che ha dovuto assistere da lontano agli stravolgimenti orribili del suo Paese.
L’evento acquista forza attraverso le preziose testimonianze di Gerard Munyehirwe, sopravvissuto e profugo, giunto ancora bambino in Italia, di Yolande Mukagasana, sopravvissuta e portavoce, anche grazie ai suoi libri “La morte non mi ha voluta” e ” Le ferite del silenzio”, dell’efferata crudeltà cui ha dovuto assistere e vivere sulla propria pelle e su quella della propria famiglia.
Yolande Mukagasana racconta l’orrore in un perfetto francese, quasi musicale, benché sia la lingua di quella Francia che, attraverso il suo presidente di allora, Francois Mitterrand, condusse una politica favorevole al “nuovo governo” degli Hutu. Tradotta simultaneamente da Francoise Kankindi, Yolande colpisce il cuore, lo strizza come una spugna, perché quelle vite normali, fatte di amore materno e paterno, di legami di amicizia e di buon vicinato, di figli che dovrebbero andare a scuola e giocare, di lavoro, di pasti condivisi, vengono scardinate e annientate, segnate per sempre o interrotte, sgretolando un domani che appare inesistente, neanche più immaginabile.
E là, in quel momento, quando la rabbia e l’odio dovrebbero prendere il sopravvento, Yolande parla di perdono, del bisogno di incontrare e conoscere chi ha commesso quegli atti, chi ha ucciso e distrutto. Il bisogno di sapere e guardare negli occhi l’anima di chi ha trovato il coraggio di cancellare l’umanità dal proprio essere. E’ da là che si ricostruisce, dagli occhi e dalle parole a volte interrotte dall’emozione e dal dolore del ricordo di Yolande, di Gerard, di Francoise, di chi come loro ha avuto la forza e il coraggio di spiegare la Vita, perché ha conosciuto una Morte più profonda di quella che tutti conosciamo.
L’evento ha proseguito con il discorso incisivo e ruvido di Moni Ovadia sulla coscienza e l’autocritica, su quanto assurdo sia stato quel “never again” pronunciato dopo la Shoa, se continuiamo ad assistere ad altri genocidi, ovunque nel Mondo, senza scuotimento interiore, senza intervenire, senza capire che tutto ciò che accade non dipende dagli Altri, ma da Noi, perché ognuno con le proprie scelte e le proprie azioni, può cambiare la vita di qualcun altro e il corso della Storia. La consapevolezza e la coscienza di sé e di ciò che accade rappresenta l’unica vera alternativa all’offuscamento e all’ottundimento della mente, all’ignoranza, all’idea della Diversità e dell’Altro, come entità altra, aliena, nell’antico significato latino di “straniero”. Joshua Evangelista, Responsabile comunicazione Fondazione Gariwo, prosegue con il suo intervento sui Giusti e l’importanza della memoria del Bene, perché sia sempre la luce che illumina la strada corretta, cosa difficile da percorrere per l’Uomo di tutti i tempi.
L’evento si è concluso con un ultimo intervento, quello di Eric Manzi, Vice Segretario Generale della Confederazione Internazionale dei Sindacati, che ha affrontato l’argomento lavoro e giustizia sociale.
L’ attualizzazione di un evento avvenuto 30 anni fa, e che si sta ripetendo oggi in Palestina, ha visto la partecipazione attiva degli studenti presenti, preoccupati di comprendere la Storia passata, e non solo quella egocentrica e autoreferenziale europea, per sviluppare una propria coscienza critica e divenire parte attiva nella lotta continua per i diritti dei più deboli, per gli ideali di uguaglianza e libertà , perchè nella vita di tutti può accadere di svegliarsi una mattina, una qualunque, e trovare chi ha stabilito per noi se e come dovremo vivere o morire.
La Storia insegna. O perlomeno dovrebbe. Speriamo. Intanto, oggi, 25 aprile, i palestinesi ammassati a Rafah, sul confine sud di Gaza con l’Egitto, attendono un altro attacco da parte dell’esercito israeliano. La Storia insegna. O almeno dovrebbe. Speriamo.
12 aprile 2024, Sala Di Vittorio, Corso d’Italia 25, ore 9.30
Nell’estate del 1994, in Rwanda si consumava una delle più grandi tragedie della storia moderna: nel giro di tre mesi, tra il 6 aprile e il 19 luglio 1994, un milione di cittadini Tutsi e Hutu moderati venivano trucidati dagli estremisti appartenenti alla maggioranza Hutu. Un omicidio ogni dieci secondi avveniva sotto gli occhi indifferenti della comunità internazionale che ignorò le invocazioni d’aiuto del Generale Dallaire, comandante della missione di pace dell’Onu.
Programma
9:30-10:00: Apertura giornata e saluti dal Segretario della Fillea CGIL Roma e Lazio
10:00-10:30: Introduzione storica, Francoise Kankindi, Presidente Associazione Bene Rwanda Onlus
10.30-11:15: Le Ferite del silenzio, Yolande Mukagasana, scrittrice sopravvissuta al genocidio, scrittrice e vincitrice della menzione Unesco per l’educazione alla pace.
11.15-11:45: La coscienza e l’autocritica, Moni Ovadia, attore, cantante e scrittore
11.45-11:30: I giusti e la memoria del bene, Gabriele Nissim, scrittore PresidenteGariwo
12.30-13.00: Il lavoro e la giustizia sociale,Eric Manzi, vice Segretario Generale della Confederazione Internazionale dei Sindacati (CSI), ex Segretario Generale della Confederazione dei Sindacati del Ruanda (CESTRAR)
13.00-13.30: conclusioni del Segretario/a Confederale della CGIL.
Modera Marco Trovato, Direttore editoriale Rivista Africa
SOSTEGNO E RECUPERO DEI BAMBINI COLPITI DALLA MALNUTRIZIONE
Grazie al contributo finanziario di Anna Zambon nel finanziare il progetto di lotta contro la Sindrome da malnutrizione infantile estremamio (kwashiorkor), l’equipe diretto Gashugi Mathieu Cesar, medico nutrizionista a Munini, il più grande ospedale della regione del Sud del Rwanda ha potuto:
assistere 39 bambini malnutriti e 5 donne che allattano.
curare 20 bambini afflitti da malnutrizione cronica.
Fornire cibo proteici a 15 bmbini sottopeso
guarire 4 bambini dalla malnutrizione acuta grave
Inoltre sono stati sostituiti alcune attrezzature da cucina usurati.
I bambini e le mamme del villaggio di Remera situato nella cella GATOBOTOBO, settore Mbazi, distretto di Huye, provincia meridionale, Repubblica del Ruanda ringranziano per il continuo sostegno.