Bollettino della settimana

BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Quindicesima settimana: 14 luglio 1994 –  18 luglio 1994

14 luglio: Circa 6.000 persone all’ora entrano nella zona di sicurezza francese, inclusi membri della milizia estremista Interhamwe e ufficiali del governo ad interim.

Inizia un’epidemia di colera tra le popolazioni fuggite a Goma, nella regione zairese del Nord-Kivu.

16 luglio: Tredici ministri del governo ad interim si rifugiano nella zona di sicurezza francese.

17 luglio: Il FPR prende Gisenyi, ultima roccaforte ruandese dell’Hutu Power.

18 luglio: Le ultime truppe governative ancora in Ruanda vengono sconfitte dal FPR che dichiara la fine della guerra. Il Ruanda è ormai completamente liberato, ad eccezione della zona di sicurezza a sud-ovest controllata dai francesi.

 

Epilogo

19 luglio: Viene formato un nuovo governo di unità nazionale a Kigali che comprende membri del FPR e sopravvissuti dell’opposizione democratica. Faustin Twagiramungu, designato negli accordi di Arusha, viene nominato Primo ministro. Il nuovo governo annuncia la fine della schedatura etnica che viene eliminata sulle carte d’identità e in tutti gli archivi.

22 luglio: Il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton annuncia che truppe statunitensi saranno dispiegate per aiutare i rifugiati nei campi dello Zaire.

25 luglio: L’amministrazione Clinton dichiara pubblicamente che non riconosce più il governo ad interim del Ruanda.

16 agosto: Il generale Romeo Dallaire lascia il Ruanda. Il generale canadese Guy Touignant prende il comando dell’UNAMIR che conta 1.624 soldati.

21 agosto: Fine dell’operazione Turquoise durante la quale, i responsabili (prefetti, sottoprefetti, borgomastri e capi militari), che avevano organizzato localmente i massacri, non sono stati sottoposti ad alcun interrogatorio da parte dei militari francesi (sebbene l’ONU avesse dichiarato la qualifica di genocidio). Il capo delle FAR, il generale Augustin Bizimungu, viene visto a Goma in un veicolo dell’esercito francese. Ufficiali francesi dell’operazione Turquoise dissuadono gli ufficiali delle FAR che volevano raggiungere il governo di unità nazionale a Kigali.

Le Far che hanno raggiunto lo Zaire si riorganizzano e beneficiano dell’aiuto del Presidente zairese Mobutu.  Presenza di circa 500 militari francesi nello Zaire fino alla fine di settembre.

 

Ottobre: La Commissione di Esperti nominata dall’ONU produce un rapporto che conclude che in Ruanda ha avuto luogo un genocidio contro i Tutsi.

 

Novembre: Il Consiglio di sicurezza dell’ONU adotta la risoluzione 955 che stabilisce una corte criminale internazionale ad Arusha in Tanzania, per i crimini commessi nel genocidio in Ruanda.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Quattordicesima settimana: 7 luglio 1994 –  13 luglio 1994

7 luglio: L’aeroporto di Kigali riapre.

13 luglio: Conquista di Ruhengeri, città principale del Nord del Ruanda, da parte del FPR.

Le FAR disfatte fuggono nello Zaire grazie ad un corridoio aperto dall’operazione Turquoise. Anche un milione di persone circa, (Hutu), fuggono nel vicino Zaire.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Tredicesima settimana: 30 giugno 1994 –  6 luglio 1994

 1 luglio: Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU istituisce una commissione di esperti per investigare gli atti di genocidio in Ruanda. Il camerunese Jacques-Roger Booh-Booh, a capo dell’UNAMIR, viene sostituito dal pachistano Moahamed Shaharyar Khan.

 2 luglio: Boutros-Ghali supporta la proposta francese di creare una “zona di sicurezza” nel sud-ovest del Ruanda per proteggere la popolazione vulnerabile della regione.

 3 luglio: Il FPR prende Butare.

 4 luglio: Il FPR conquista il controllo di Kigali. La leadership del FPR dichiara che intende stabilire un nuovo governo basato sugli accordi di Arusha.

 5 luglio: Dopo il definitivo allontanamento delle FAR da Kigali e Butare i francesi stabiliscono con l’operazione Turquoise una “Zona Umanitaria Sicura” (ZHS) nell’angolo sud-occidentale del paese. In questa zona si rifugiano i responsabili del genocidio (tra cui gli speaker della RTLM) e anche le popolazioni sotto il loro controllo. Proseguono i massacri dei Tutsi sopravvissuti nella “Zona Umanitaria Sicura”. 

 6 luglio: I voli di soccorso canadesi verso Kigali sono ripristinati.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Dodicesima settimana: 23 giugno 1994 –  29 giugno 1994

Giugno: Pagamento a Paul Barril di 1.200.000 dollari per un contratto di “servizio ed assistenza” sottoscritto con il governo Habyarimana, secondo un documento pubblicato dalla Missione parlamentare sul Ruanda.

23 giugno: Entrata ufficiale delle forze francesi in Ruanda da Cyangugu (sud-ovest) e da Gisenyi (nord-ovest), provenendo dalle rispettive città zairesi di oltre confine Bukavu e Goma: “E’ là (a Cyangugu) che troveremo (…) tutti i Tutsi ancora vivi, di cui abbiamo bisogno per la televisione” (dichiara Gérard Prunier, consigliere dell’operazione).

27 giugno: Paul Barril afferma su France 2 che l’attentato contro Habyarimana sarebbe opera del FPR con la complicità di militari belgi, di cui ha riconosciuto l’accento in intercettazioni radiofoniche.

28 giugno: Pubblicazione a Ginevra del rapporto della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite da parte dell’inviato speciale René Degni-Segui, in cui viene dichiarata la realtà del genocidio, attestando che i massacri verificatisi in tutto il paese erano pre-pianificati e facevano parte di una sistematica campagna di genocidio.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Undicesima settimana: 16 giugno 1994 –  22 giugno 1994

16 giugno: Alain Juppé parla di “genocidio” e annuncia l’imminente intervento militare francese, l’operazione Turquoise. Nel piano, annunciato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il dispiegamento di truppe francesi in Ruanda è presentato come una forza di peacekeeping ad interim. Il Segretario Generale e gli USA supportano tale idea.

 Il progetto di François Mitterrand, di inviare paracadutisti francesi su Kigali, viene impedito da Balladur e dai membri più prudenti dell’esecutivo di coabitazione.

21 giugno: Le prime truppe francesi arrivano sul confine tra Zaire e Ruanda.

22 giugno: Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 929 approva l’operazione Turquoise, la proposta francese di inviare proprie truppe in Ruanda come missione di peacekeeping delle Nazioni Unite.

Condanna dell’intervento francese da parte del FPR e dei partiti dell’opposizione democratica, in particolare del Primo ministro nominato dagli accordi di Arusha, l’hutu moderato Faustin Twagiramungu.

 

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Decima settimana: 9 giugno 1994 –  15 giugno 1994

 10 giugno: La ritirata delle FAR di fronte all’avanzata del FPR persuade alcuni membri del governo ad interim di lasciare Gitarama per Gisenyi.

 11 giugno: L’inviato speciale della Commissione ONU per i Diritti Umani René Dégni-Ségui inizia una missione sul campo di una settimana in Ruanda per investigare sulla violazione dei diritti umani.

Alain Juppé, ministro degli Esteri francese, dichiara che la comunità internazionale dovrà intraprendere nuove iniziative se in Ruanda continueranno combattimenti e atrocità.

 13 giugno: Il FPR conquista Gitarama. Il governo genocidario si trasferisce definitivamente a Gisenyi, alla frontiera con lo Zaire, (oggi Repubblica Democratica del Congo).

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Nona settimana: 2 giugno 1994 –  8 giugno 1994

2 giugno: Il FPR conquista Kabgayi.

5 giugno: Un cargo canadese che porta generi di soccorso a Kigali è costretto a tornare indietro a causa dei pesanti bombardamenti attorno all’aeroporto.  

6 giugno: Apertura del 30° summit dell’Unione Africana a Cartagine in Tunisia.

L’esercito governativo ruandese lancia un attacco su vasta scala contro le truppe del FPR  nella regione di Kabgayi.

8 giugno: Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU adotta la risoluzione 925 che estende il mandato dell’UNAMIR fino al dicembre del 1994.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Ottava settimana: 26 maggio 1994 – 1 giugno 1994

Fine maggio: Riunione, a porte chiuse, a Parigi degli ambasciatori dei Paesi dell’Africa francofona “amici della Francia”, i quali invitano i dirigenti francesi ad opporsi alla “destabilizzazione” del Ruanda per opera del FPR.

29 maggio: Il FPR conquista Nyanza.

31 maggio: Il Capitano dei Caschi Blu senegalesi, Mbaye Diagne, viene ucciso da una granata di mortaio che colpisce in pieno la sua jeep. Il capitano Mbaye a dispetto delle regole di ingaggio dell’ONU che proibivano ai membri dell’UNAMIR di intervenire e di salvare i civili, aveva salvato centinaia di persone dall’inizio del genocidio, nascondendole in un numero massimo di cinque alla volta nella sua jeep, sfruttando le sue conoscenze tra i militari delle FAR e le milizie estremiste, per passare i posti di blocco. Utilizzava il suo carattere amichevole e la sua abilità nello sdrammatizzare le situazioni di tensione con scherzi e occasionali offerte di sigarette e piccole somme di denaro. Dopo l’omicidio del primo ministro Agathe Uwilingiyimana e di suo marito, la mattina del 7 aprile, aveva salvato con lo stesso metodo i loro quattro figli, trasportandoli fino all’aeroporto di Kigali, correndo il rischio in piena autonomia e senza l’appoggio delle forze di sicurezza ONU.

Il Segretario Generale dell’ONU riferisce al Consiglio di Sicurezza sulla missione speciale del Sottosegretario Generale Iqbal Riza e del Consigliere Militare J. Maurice Baril in Ruanda, raccomandando al Consiglio di autorizzare un’estensione del mandato per l’UNAMIR.

1 giugno: L’UNAMIR celebra un minuto di silenzio e un picchetto d’onore all’aeroporto in onore del Capitano Mbaye.

  

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Settima settimana: 19 maggio 1994 – 25 maggio 1994

19 maggio: Il commissario per i diritti umani dell’ONU, José Ayala Lasso, produce un rapporto in cui il Ruanda viene definito una tragedia dei diritti umani.

21 maggio: Un convoglio della Croce Rossa Internazionale con aiuti medici raggiunge Kigali.

22 maggio: Il FPR prende l’aeroporto di Kigali e il campo militare di Kanombe, ed estende il proprio controllo sulla parte settentrionale ed orientale del paese. Le forze governative continuano a fuggire a sud di fronte all’avanzata del FPR.

Il Sottosegretario Generale dell’ONU Iqbal Riza e il Consigliere Militare del Segretario Generale, il General-Maggiore J. Maurice Baril, iniziano la loro visita in Ruanda.

23 maggio: Il FPR irrompe nel palazzo presidenziale.

24 maggio: La Commissione ONU per i Diritti Umani tiene un meeting per discutere del Ruanda.

25 maggio: La Commissione ONU per i Diritti Umani nomina René Dégni-Ségui inviato speciale per i diritti umani in Ruanda. Il Ghana, l’Etiopia e il Senegal sottoscrivono un impegno per fornire ciascuno 800 truppe per le necessità dell’ONU in Ruanda. Lo Zimbabwe e la Nigeria sottoscrivono impegni simili poco dopo.

 

 

 

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

BOLLETTINO DEL GENOCIDIO
Sesta settimana: 12 maggio 1994 – 18 maggio 1994

13 maggio: Il segretario generale dell’O.N.U. Boutros Boutros-Ghali suggerisce al Consiglio di Sicurezza il piano originale del generale Dallaire di paracadutare 5.500 caschi blu a Kigali.

16 maggio: Il FPR taglia la strada tra Kigali e Gitarama.

17 maggio: Il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. vota la risoluzione n. 918 che approva il dispiegamento di 5.500 soldati in Ruanda, ma non ci sono truppe disponibili. La risoluzione prevede anche un embargo sulle armi al Ruanda. Il rappresentante della Francia, Jean-Bernard Mérimée, aveva tentato di ostacolare tale embargo, sostenendo la posizione del rappresentante del GIR, (Governo ad Interim Ruandese) rifugiatosi dal 12 aprile a Gitarama in seguito all’avanzata dell’FPR.
Annuncio al GIR, con messaggio del secondo segretario all’ambasciata del Ruanda al Cairo, della consegna di 35 tonnellate di armi (munizioni e granate) per un ammontare di 765.000 dollari. Tali documenti riportano una transazione conclusasi a Parigi.

Aprile – giugno: Rifornimento delle FAR con armi e munizioni tramite alcuni aerei Boeing 707, i quali atterravano a Goma, nello Zaïre. Secondo fonti del posto le consegne venivano pagate dalla Francia.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Quinta settimana: 5 maggio 1994 – 11 maggio 1994

5 maggio: Lancio della direttiva presidenziale n. 25 sulla politica di peacekeeping che limita il coinvolgimento militare degli U.S.A. nelle operazioni di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e sancisce di fatto il non-intervento degli U.S.A. in Ruanda.

Madeline Albright, rappresentante permanente degli Stati Uniti presso l’ONU, testimonia in un’audizione del Congresso sul finanziamento dei programmi ONU:
“Vorrei solo dirvi che nella questione del Ruanda, a mio avviso il Consiglio di Sicurezza e le Nazioni Unite hanno perso il treno. Adesso siamo di fronte ad una situazione ben oltre ciò che chiunque si sarebbe aspettato. E come ho già detto in precedenza, è successo che eravamo in una situazione in cui pensavamo che una forza delle Nazioni Unite poco numerosa fosse in grado di affrontare le questioni della regione, e poi all’improvviso con l’abbattimento dell’aereo coi due presidenti, si è creata una valanga. E quindi ora è difficile giudicare se quelle specifiche operazioni fossero state impostate correttamente”.

Anthony Lake, Consigliere Nazionale per la Sicurezza, dichiara in una conferenza stampa sulla “Direttiva Presidenziale n. 25″:
“Quando mi sveglio ogni mattina e guardo le notizie e le storie e le immagini in televisione di questi conflitti, voglio lavorare per porre fine a ogni conflitto. Voglio lavorare per salvare tutti i bambini là fuori. E so che il presidente ed il popolo americano fa lo stesso. Pero né noi né la comunità internazionale ha le risorse e il mandato per farlo. Perciò dobbiamo fare delle distinzioni. Dobbiamo porre domande difficili su dove e quando saremmo in grado di intervenire. E la realtà è che spesso non siamo in grado di risolvere i problemi dei popoli, non potremo mai costruire le loro nazioni per loro…”.

A Kampala, il presidente ugandese Museveni accusa il governo ruandese ad interim di genocidio in Ruanda.

6 maggio: Ad un mese esatto dall’inizio del genocidio il commissario per i diritti umani dell’ONU, José Ayala Lasso, dichiara che sta per andare in Ruanda.

11 maggio: Nel corso di una riunione informativa del Dipartimento di Stato americano, viene chiesto a Mike McCurry:
“Questo governo è stato in grado di determinare se gli atti commessi in Ruanda dopo il 6 aprile costituiscono genocidio?”
La sua risposta è: “Non mi risulta siano state raggiunte delle determinazioni legali in merito.”

 

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Quarta settimana: 28 aprile 1994 – 4 maggio 1994

28 aprile: Viene chiesto alla portavoce del Dipartimento di Stato americano Christine Shelley di riferire su quanto sta accadendo in Ruanda. Ecco la sua risposta:
“… l’uso del termine “genocidio”, pur avendo un preciso significato legale, non ha una definizione legale esatta. Vengono infatti richiesti diversi fattori”.
Tuttavia, un rapporto segreto ordinato dal Dipartimento di Stato già alla fine di Aprile considera le uccisioni come genocidio.
Oxfam rilascia un comunicato stampa in cui dichiara che il numero delle uccisioni in Ruanda è tale da ammontare a un genocidio.

29 aprile: In un lungo dibattito presso il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. si discute se utilizzare il termine genocidio in un Rapporto Presidenziale. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti si oppongono all’utilizzo della parola. Il Segretario Generale chiede al Consiglio di Sicurezza di riesaminare la sua decisione di ridurre le truppe dell’UNAMIR.
Decine di migliaia di rifugiati penetrano in Tanzania, Burundi e Zaire. In un giorno, 250.000 Ruandesi, in maggioranza Hutu, fuggono dall’avanzata del FPR, oltre il confine verso la Tanzania. Si tratta del più grande esodo di massa mai testimoniato dall’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

30 aprile: Il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. vota una risoluzione che condanna le uccisioni, omettendo tuttavia l’impiego della parola “genocidio”. Qualora fosse stato riportato tale termine, l’O.N.U. sarebbe stato legalmente tenuto ad agire al fine di “prevenire e punire” gli autori.
Il FPR conquista la città di Rusumo lungo il confine con la Tanzania.

Fine aprile: Jean-Bernard Mérimée, rappresentante della Francia al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, si oppone alla qualifica di “genocidio” dei massacri perpetrati contro i Tutsi. Il Ministro degli Affari Esteri del governo genocidiario, Jérôme Bicumumpaka e il rappresentante della CDR, Jean-Bosco Barayagwiza sono all’Eliseo e a Matignon.

Maggio: La Casa Bianca inizia a tenere quotidianamente dei briefing segreti sul Ruanda con varie organizzazioni governative, attraverso collegamenti video su canali di sicurezza.

1° maggio: Disfatta delle FAR, a cui segue la fuga di centinaia di migliaia di civili.
Incontro presso la Missione militare del ministero della Cooperazione (rue Monsieur a Parigi) del capo di stato maggiore aggiunto delle FAR con il generale francese Jean-Pierre Huchon. Fornitura da parte di quest’ultimo di un materiale di comunicazione criptato per mantenere il contatto tra le FAR e Parigi. Promessa di un aiuto militare. Il generale Huchon prodiga dei consigli al fine di “riportare l’opinione pubblica” in favore della parte genocidiaria.
Il Ruanda sale in cima alla classifica dei notiziari a causa del massiccio esodo di ruandesi in Tanzania.

2° maggio: Kofi Annan, capo della missione di pace delle Nazioni Unite, dichiara davanti alla Commissione degli Affari Esteri del Senato:
“Quando i belgi sono andati via dal Ruanda era ovvio che le Nazioni Unite non avrebbero potuto attuare il mandato che avevano, e quindi si sarebbe dovuto cambiare il mandato, oppure si sarebbero dovuti mandare rinforzi. Non so cosa deciderà il Consiglio dopo aver esaminato e riesaminato oggi la situazione. Se il Consiglio raccomanderà i rinforzi, essi devono essere ben equipaggiati, molto mobili, e anche in grado di proteggere sé stessi. Se non vengono inviati questo tipo di rinforzi, allora non sono sicuro che saranno in grado di riportare la legge e l’ordine, e porre fine ai massacri. Qui stiamo guardando gente privata del più fondamentale dei diritti, il diritto alla vita, eppure sembriamo di poco aiuto”.

3° maggio:
Dopo una revisione della strategia in politica estera, Clinton firma la “Direttiva Presideziale n.25” con la quale intende limitare il coinvolgimento militare degli Stati Uniti nelle operazioni di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

4° maggio:
Il segretario generale dell’O.N.U. Boutros-Ghali compare su Nightline della emittente ABC e dichiara che in Ruanda è in corso un genocidio.

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Terza settimana: 21 aprile 1994 – 27 aprile 1994

21 aprile: Massacro di Murambi. Fin dal 16 aprile la popolazione Tutsi della regione di Gikongoro nel sud-ovest del paese si era radunata nella parrocchia dell’omonimo capoluogo. Le autorità locali avevano tenuto un incontro con tutti i sindaci e i consiglieri della zona, raccomandando la gente terrorizzata di rifugiarsi nella scuola di Murambi nel sud della regione, non lontano dal confine burundese. La gente cominciò ad arrivare a Murambi già quello stesso giorno e per tranquillizzarla, furono messi quattro gendarmi a guardia della scuola. L’indomani però i gendarmi erano spariti. Il 18 aprile cominciarono i primi attacchi: fucili da parte degli assalitori contro sassi e pietre degli assediati che riuscirono a resistere e a respingere gli attacchi. Poi la notte del 21 aprile arrivarono camion pieni di milizia e soldati. Circondarono l’area e cominciarono a sparare con armi automatiche e granate. Quelli che cercavano di scappare vennero colpiti e abbattuti. Alla fine le vittime furono 50.000, uno dei più grandi tributi di sangue dell’intero genocidio.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU vota all’unanimità la risoluzione n. 912 per il ritiro della maggior parte delle truppe dell’UNAMIR, riducendo le unità da 2.500 a 270.
La Croce Rossa internazionale stima che decine di migliaia di persone, forse centinaia di migliaia di Ruandesi sono stati uccisi. Il FPR conquista Byumba.

21-25 aprile: Massacro all’hotel Ibis e all’ospedale di Butare.

22 aprile: La Croce Rossa Internazionale invia un secondo convoglio a Kigali dal Burundi.

24 aprile: Maurice Herson, ufficiale per le emergenze di Oxfam, avverte il quartier generale della sua organizzazione che in Ruanda è in atto un genocidio contro i Tutsi.
Medici Senza Frontiere ritira il suo team medico da Butare.

27-28 aprile:
Incontro a Gbadolite (Zaïre) tra Mobutu e Jacques Foccart, il quale viene accompagnato da Michel Aurillac, già ministri della Cooperazione di Chirac (1986-1988), e dall’Avvocato Robert Bourgi. Presenza di Herman Cohen, ex sotto-segretario di Stato per gli affari africani durante la presidenza Bush senior (francofono e sposato con una cittadina francese nonché amico di Jacques Foccart. Herman Cohen, è un attivo sostenitore del presidente Mobutu a Washington).

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BOLLETTINO DEL GENOCIDIO

Seconda settimana: 14 aprile 1994 – 20 aprile 1994

Nei primi giorni del genocidio gli estremisti avevano disseminato posti di blocco dappertutto e avevano massacrato migliaia di persone di etnia Tutsi scovate nelle proprie abitazioni. Ma questo trattamento era stato riservato anche agli Hutu moderati e in genere a tutti i sostenitori di una politica di conciliazione nazionale, (alcune fonti stimano che circa il 20% delle vittime del genocidio siano stati Hutu). I primi ad essere uccisi furono infatti i più importanti esponenti dei partiti democratici, i giornalisti, gli esponenti delle associazione a difesa dei diritti umani. Si trattava di Hutu e Tutsi indifferentemente. Con il proseguire dei giorni la strategia cambiò: la popolazione civile in cerca di scampo venne attirata in luoghi di raccolta con la falsa promessa di protezione da parte delle autorità locali, poiché ancora le autorità erano ritenute dalla parte della gente, contro gli estremisti. In realtà questi luoghi (le scuole, le chiese ritenute fino ad allora santuari inviolabili e altri luoghi pubblici), divennero delle trappole mortali per decine di migliaia di persone, luoghi di massacri spaventosi.

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14 aprile: Massacro della parrocchia di Nyamata. La gente da ogni dove si ammassò nella chiesa e si chiuse dentro per proteggersi dalle scorribande degli assassini. Membri degli Interahamwe, la milizia Hutu, e le Forze del Governo ruandese dalle aree circostanti decisero di abbattere la porta e di irrompere nella chiesa coi propri fucili, granate e machete. Massacrarono tutte le persone che erano all’interno. Alla fine si conteranno circa 10.000 vittime (24.000 considerata l’intera area circostante).

14-15 aprile:
Massacro nella parrocchia di Nyarubuye. I civili rifugiati nella chiesa vengono massacrati indiscriminatamente a colpi di machete, raffiche di mitra e granate. Alla fine si conteranno 20.000 vittime.
Una settimana dopo l’uccisione dei dieci soldati belgi, il Belgio si ritira dall’UNAMIR. A Kigali persone ferite sono trascinate fuori da un’ambulanza della Croce Rossa e uccise.

16 aprile: Fine dell’operazione Amaryllis. Il genocidio viene perpetuato nella notte ruandese, nell’intero paese.

18 aprile: Un tentativo del FPR di far tacere Radio Mille colline fallisce. Il governo ad interim silura il prefetto di Butare.

19 aprile: Diffusione da parte di Radio-Ruanda, di un discorso del presidente del GIR, Théodor Sindikubwabo, in visita a Butare, con il quale invita la popolazione di Butare a “mettersi al lavoro”. Inizio del massacro a Butare. L’ultimo soldato belga lascia Kigali.

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BOLLETTINO DELLA I° SETTIMANA

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Antefatti

Il 4 agosto del 1993 ad Arusha in Tanzania, furono firmati degli accordi tra le due fazioni contrapposte della guerra civile ruandese: il governo del Ruanda e il FPR (Fronte Patriottico Ruandese, la più importante organizzazione politica di rifugiati Tutsi, al quale avevano aderito anche Hutu oppositori del governo dittatoriale, fuggiti dal paese).
Gli accordi inclusero un forte ridimensionamento dei poteri del Presidente del Ruanda, carica in quel momento ricoperta da Juvénal Habyarimana. Gran parte dei suoi poteri furono trasferiti al Transitional Broad Based Government (TBBG, “Governo transitorio di larga base”), che includeva rappresentanti dell’FPR e dei cinque partiti di governo. Dei 21 seggi del nuovo governo, 5 furono affidati al partito di Habyarimana di maggioranza nazionale, il Mouvement Républicain Nationale pour la Démocratie et le Développement (MRND); 5 all’FPR; quattro al principale partito dell’opposizione, il Mouvement Démocratique Républicain (MDR). L’MDR ottenne anche la carica di primo ministro, assegnata a Faustin Twagiramungu. Oltre al TBBG, gli accordi prevedevano l’istituzione di un parlamento provvisorio, la Transitional National Assembly (TNA). Entrambi questi organi avrebbero dovuto insediarsi non oltre 37 giorni dalla firma degli accordi, e il periodo transitorio non avrebbe dovuto prolungarsi più di 22 mesi, dopodiché si sarebbero tenute libere elezioni. Gli accordi prevedevano anche la formazione di un esercito unito, composto al 60% da forze ex-governative e al 40% da forze ex-FPR. Il protocollo fu firmato il 3 ottobre 1993, e il giorno successivo da Habyarimana e dal presidente dell’FPR, Alexis Kanyarengwe.
Gli estremisti del partito del presidente Habyarimana e quelli delle forze politiche radicali ad esso vicine, non gradirono affatto questo tentativo di riconciliazione.

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1994: Escalation della tensione (1 gennaio – 6 aprile)

Gennaio: Blocco degli accordi di Arusha: il governo di transizione non riesce a nascere e ogni fazione incolpa l’altra di bloccarne la formazione. La fazione del presidente Habyarimana, l’Hutu Power, che deteneva il potere fino a quel momento rifiuta ovviamente di riconoscere un governo allargato al FPR.
A Kigali l’UNAMIR (United Nations Assistance Mission for Ruanda, il contingente delle Nazioni Unite che aveva il compito di far rispettare gli accordi di Arusha) intercetta un aereo cargo partito da Châteroux (Francia) carico di munizioni destinate alle FAR, (Forze Armate Ruandesi).
L’ambasciatore belga a Kigali, Johan Swinnen, avverte Bruxelles che la nuova radio inaugurata nell’estate precedente, (RTLM, Radio Mille Colline), sta destabilizzando il Ruanda con le sue trasmissioni che invitano continuamente all’odio razziale.
Violente dimostrazioni a Kigali da parte degli Interahamwe, la milizia estremista Hutu.
Dallaire avverte il quartier generale delle Nazioni Unite che un informatore molto attendibile dall’interno dell’Hutu Power lo ha avvisato che si sta pianificando un genocidio contro i Tutsi. Dallaire cerca di persuadere il quartier generale di autorizzarlo a condurre una confisca delle armi.

Febbraio: Assassinio del leader del PSD (Partito Social Democratico) Félicien Gatabazi. Conseguente rappresaglia con lapidazione di Martin Bucyana, il dirigente della CDR, (Coalition pour la Defense de la Republique, formazione politica vicina al MRND ma con istanze più estremiste). Le violenze fanno decine di morti. Rinvio a tempo indeterminato dell’insediamento delle istituzioni di transizione (TBBG e TNA). Undici militari francesi del Dipartimento di Assistenza Militare all’Istruzione (DAMI) sono identificati a Kigali. Ufficialmente avevano già lasciato Kigali dal mese di dicembre 1993. Presenza a Kigali del capitano francese Paul Barril, funzionario dei servizi speciali presso il regime ruandese.
Il ministro degli esteri belga Willy Claes visita il Ruanda: avverte Boutros-Ghali, segretario generale delle Nazioni Unite, che Dallaire e l’UNAMIR hanno bisogno di un mandato più forte e avverte la CIA che Habyarimana potrebbe stare facendo il doppio gioco.

Marzo: Arrivo di 800 militari del contingente ghanese dell’UNAMIR, il quale conta 2.508 uomini provenienti da 22 paesi.

29 marzo: Riunione tenutasi a Kigali presidiata dal capo di stato maggiore delle Forze Armate Ruandesi (FAR) per preparare e organizzare, sotto la responsabilità dell’esercito, l’eliminazione degli “infiltrati” (i Tutsi) e dei “traditori” (gli Hutu democratici).

4 aprile: Durante un ricevimento all’UNAMIR, il Colonnello Bagosora dichiara che gli accordi di Arusha “non offrono alcuna garanzia” e parla di sterminare tutti i Tutsi.

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BOLLETTINO DELLA PRIMA SETTIMANA: 6-7 APRILE 1994– 13 APRILE 1994

6 aprile, ore 20.30: ABBATTIMENTO DELL’AEREO CHE TRASPORTAVA JUVENAL HABYARIMANA ED IL PRESIDENTE DEL BURUNDI CYPRIEN NTARAMIRA.
Gli estremisti Hutu, i quali credevano che il presidente ruandese fosse sul punto di attuare gli accordi di pace di Arusha, sono i principali sospettati di essere gli autori dell’attacco. Le uccisioni iniziano nella notte. In meno di un’ora, ancor prima che la notizia fosse annunciata dalla radio, vengono erette delle barricate nei grandi incroci di Kigali. Le strade della capitale si riempiono di cadaveri. La Guardia Presidenziale pone il divieto all’UNAMIR di recarsi sul luogo dell’attentato. Il comandante francese di Saint-Quentin può invece accedervi. Il Colonnello Bagosora, onnipresente, lancia e sorveglia le uccisioni.

7 aprile: Assassinio ad opera della Guardia Presidenziale del Primo ministro del governo di transizione, la Hutu Agata Uwilingiyimana e di dieci caschi blu belgi che ne assicuravano la protezione, ai quali vengono sottratte le armi con l’inganno. Essi vengono dapprima torturati e quindi uccisi. Assassinio di numerosi ministri e responsabili Hutu democratici. Presenza di Paul Barril durante il genocidio a Kigali, dove risiede all’ambasciata di Francia.
Inizio del massacro sistematico dei ruandesi Tutsi, degli Hutu che li proteggevano, degli oppositori politici e di tutti i sostenitori di una politica di conciliazione nazionale. Le Forze Armate Ruandesi (FAR) e la milizia degli estremisti Hutu (l’Interahamwe) erigono barricate e, recandosi di casa in casa, uccidono i Tutsi nonché i politici e i militari moderati Hutu. Sono in migliaia a morire il primo giorno. La popolazione civile trova rifugio in alcuni campi ONU, ma la parte più rilevante dell’UNAMIR resta in disparte, mentre si consuma la carneficina. Viene imposto a queste forze di non intervenire, in quanto ciò avrebbe compromesso il loro mandato di “monitoraggio”.
Il FPR ingaggia scontri a fuoco con la Guardia Presidenziale a Kigali.
RTLM trasmette che il FPR e i caschi blu belgi sono i responsabili della morte del presidente Habyarimana.

Sempre il giorno 7 aprile il Presidente Clinton pronuncia il seguente discorso:
“…..sono scosso e profondamente deluso… orrificato che unità delle forze di sicurezza Ruandesi abbiano ricercato ed ucciso ufficiali Ruandesi… porgo le mie condoglianze…Condanno tali azioni e richiamo le parti a cessare immediatamente ogni azione di questo genere”.

Clinton, a proposito del Ruanda, dichiara inoltre alla stampa:
“… Io ne parlo soltanto perché c’è un numero piuttosto elevato di cittadini Americani e la situazione risulta molto tesa. Voglio soltanto assicurare le loro famiglie che stiamo facendo tutto il possibile per avere una visione chiara della situazione cosicché da assumere le decisioni più appropriate per poter assicurare la sicurezza dei nostri cittadini che si trovano laggiù.”

8 aprile : Allargamento del genocidio fuori Kigali. Le linee telefoniche sono progressivamente tagliate. Un crescente numero di persone viene ucciso.

9 aprile: Il FPR lascia le sue basi nel nord e attacca Byumba e Ruhengeri. Gli Interahamwe e la Guardia Presidenziale conducono il massacro di Gikondo. Inizia l’evacuazione dei cittadini stranieri. Invio delle truppe a Kigali da parte della Francia (operazione Amaryllis) e del Belgio (operazione Silverback) per l’evacuazione dei nazionali residenti e degli Occidentali. I soldati belgi, contrariamente a quelli Francesi, evacuano anche qualche Tutsi. Evacuazione a Parigi di Agata Habyarimana, moglie del presidente, co-fondatrice di RTLM e co-ispiratrice della “rete Zero”, gli squadroni della morte, la cui famiglia è al centro del dispositivo del genocidio. La medesima è accolta dal governo francese. Alloggio a Parigi dei fratelli Séraphin Rwabukumba e Protais Zigiranyirazo nonché dell’ideologo Ferdinand Nahimana, personaggi chiave dell’Hutu Power.
Versamento a Parigi da parte del Ministero della Cooperazione e su ordine di Mitterand, di una somma di 20.000 Franchi ad Agathe Habyarimana, per le sue spese personali.
Evacuazione da parte della Francia dell’orfanotrofio Sainte-Agathe, permettendo così la fuga di 34 “accompagnatori” ed in particolare dei responsabili dei massacri.
Distruzione in maniera precipitosa di tutti gli archivi presso l’Ambasciata di Francia su ordine dell’ambasciatore, Jean Michel Marlaud.
Il personale politico del precedente regime trova asilo nell’ambasciata. I Tutsi, i quali vengono minacciati di sterminio, sono abbandonati alla loro sorte, incluso il personale dell’ambasciata e dei servizi culturali francesi.
Costituzione del GIR (Governo Interinale Ruandese) presso l’ambasciata di Francia e nel Ministero della Difesa, sotto il comando dell’ambasciatore Marlaud e del Colonnello Bagosora.

10 aprile: L’ambasciatore David Rawson chiude l’ambasciata americana a Kigali

10-12 aprile: Massacro nelle parrocchia di Zaea.

11 aprile: Massacro nella parrocchia di Kanzenze. La Croce Rossa internazionale stima che il numero dei ruandesi uccisi è di decine di migliaia. Presso l’Istituto scolastico Don Bosco, protetto dalle truppe belghe dell’UNAMIR, il numero dei civili raggiunge le 2.000 unità. Nel pomeriggio viene ordinato ai soldati ONU di evacuare l’aeroporto. La maggior parte dei civili, che rimangono abbandonati, viene uccisa.

12 aprile: Offensiva a Kigali delle forze del FPR per liberare le 600 proprie truppe circondate nella capitale. Tali forze erano di stanza nella città in forza degli accordi di Arusha. Il governo ad interim (GIR) fugge a Gitarama. L’ambasciata francese chiude le sue porte.

13 aprile: Massacro nella parrocchia di Kabarondo. Convogli della Croce Rossa e di MSF, (Medici Senza Frontiere), arrivano a Kigali da Bujumbura, capitale del Burundi, con medicinali e personale medico.

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